1954
CERCANDO - ROSE BIANCHE E ROSSE - SEGRETO - COLPISCI - VITA DI GOCCIA
BALDORIA - DALLA FINESTRA - RUGIADA SUL CUORE - I SUOI CAPELLI - IDILLIO NASCENTE
NULLA - IL VOLTO E GLI OCCHI TUOI - CORSA D'AMORE
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Cercando e non trovando
amor s’accende, e a noi
s’apre l’orizzonte nuovo
di cose illimitate
chiare e splendenti.
Cercando, qui, “la” donna
giammai la troverai.
Un lontano giorno
nelle tenebre sperduta
ancora, l’anima tua
nel buio brancolando
il simbolo d’amore cercherà.
Rimani in te, se puoi,
col tuo amore e la tua mente
o essere terreno delirante.
Ma se sfogo dar vorrai
ai tuoi sparsi pensieri
in compagnia di gentil prestanza,
volgiti ad “una” donna
e qui tu troverai,
se bene cercherai,
la pace dell’amore,
la gioia per il cuore.
Un fiore dicea alla rosa:
- Cosa è un bacio d’amore?
- Un tocco di petali lieve
che fa mutare il colore.
- Un tocco di petali lieve
come questo del petalo mio?
- Un tocco di petali lieve
come quello dell’Amor mio,
che quando toccò la corolla
mi fece da bianca vermiglia.
Gli occhi mi dicono “T’amo”
e la tua bocca tace.
Forse non vuoi
ch’oda qualcosa il mio cuore?
Alle tue labbra
dì che le mie
sanno tenere il bel segreto
e si faranno vicine
per ascoltarlo
in un sussurro.
Colpisci Amore,
colpisci questo cuore
con tante frecce.
Trafiggilo gioioso,
e tanta lode avrai
per le mie pene.
A te lo donerò
come corona,
simbolo prezioso
di tua regal potenza.
Stille splendenti sui rami,
rami spogli d’albero nudo.
Cadono gocce sui rami …
Brilla un ramo già secco:
scende una goccia posata,
rispecchia le cose d’intorno,
minuta diventa più giù
lasciando una scia luminosa.
Infine scompare consunta …
… il ramo non brilla già più.
Guardo il bianco gesso
lì sulla lavagna,
s’amplia l’immagine e si colora
diventa diafana impalpabile:
è il pensier mio che crea,
è il pensiero che vuole l’irreale.
La mente cerca di trovar ragione
di tutto quell’ammasso di figure
corre, s’affanna dietro quel pensiero.
Alfin giace prostrata,
contempla fissamente.
… e suo figlio continua la baldoria
risveglia i sensi miei e li sconvolge,
figure che s’allungano e s’intrecciano.
Ho fuoco nelle tempie,
fiamme ardenti cancellano le cose,
mi stordisce un rombo di campane.
Poi, ogni cosa placa un mar d’oblio.
Pioggia leggera.
Struggonsi le gocce sul selciato
col crepitar continuo, leggero:
pallida luce si riflette intorno.
A tratti risonano di sotto
grosse gocce di grondaia in pianto.
Strusciar di passi frettolosi o lenti,
succhiar di pneumatici rotanti.
Or grave la pioggia percuote
cupola nera, verde, rossa
(sotto quelle cupolette vanno
parole forti, risolini dolci).
Passa un cane umido e pezzato,
tristemente annusa la carta sparsa,
alza lo sguardo verso qualcosa …
picchiando in terra con le unghie, va.
Guardo quel tronco, che sarà poi?
Guardo in alto … un ramo più piccolo,
un ramo ancora, un rametto più su …
V’è un esile fuscello dove ‘l fumo stagna.
Ma … non piove più … è già sera:
s’accende una luce, un’altra
e tante ancora sopra i muri
vari selci indoransi e paion belli.
Subito muta la bella scena:
lampioni dall’alto gettano gran luce,
soffocan l’altre, fievoli di già,
rude chiarore ogni cosa sbianca.
Nella pozza di sotto gioca la luce
con gocce di grondaia ancora piangente,
lo sguardo mio vi s’immerge tutto,
sembra trovarmivi, sentire freddo e l’umido,
di gioir, però, dei giochi d’acqua e luce.
Han gioito i miei occhi
e ammirato
piccoli fiori, grandi,
variopinti.
Ridenti testoline
su verdi steli,
fresche foglioline,
vellutate, lievi;
e la rugiada, pura,
dava lor diamanti
e perle,
riflessi ardenti, il sole
innamorato.
Un di quei fiori
ch’ogni color comprende
e i profumi,
m’ha detto lievemente:
“L’ultima volta
alla rugiada e al sol
non ho pensato,
avevo ancor sulla corolla
l’eco della voce,
il tuo sospir d’amore”.
Ed il mio cuore:
“Piccolo fiore,
coi tuoi color
m’hai dato gioia,
or mi dai vita.
T’amerò tanto.
Io ti starò vicino
e la rugiada fresca
aspetteremo insieme.”
La testa sua movevasi lenta
per inseguire il riso degli amici,
presso la mia con graziosi moti
scoteva lieve i suoi capelli belli.
No, non scorgeva il volto prono
che muto stava a rimirarla tutta,
no, non sentiva ch’io pregavo
per aver grazia d’altri sguardi suoi.
Ed io soffrivo per quelle gioie
che amabilmente dava a questo cuore.
Scorgo fra l’erba fresca
e i fiori rugiadosi
un idillio tenue,
nascente d’incanto
da fiori bianchi e profumati,
da gigli in boccio
e pratoline allegre.
Miste a fruscio di foglie
ed a ronzio d’insetti,
giungono dolci parole
trapunte di sospiri
e pause melodiche.
Sento musica lieve
intima segreta delicata …
oh! è il mio cuore
ch’accorda la sua cetra.
Nulla, vision bianco profonda,
color d’umana gente,
di vite aspre o gioiose,
rimani nel mio cuore
ancora, eternamente.
Potrei così nulla sospirare,
nulla mai cercare
e mai, perciò, soffrire.
Oh nulla della strana vita
ricordati del nulla del mio cuore,
suggellati con esso fortemente.
Preparasi Amor,
pronto a lanciar
strali desiati.
Ti vola sul volto,
che splende per me;
e mi colpisce
e mi trafigge ‘l cuore
Con la faretra colma,
dagli occhi tuoi
mira sicuro
e mi colpisce ancora.
Ed io felice,
col cuore in mano
mostrandolo così
cantando vado.
Dedica
Per tue grazie il mio cuor fatto maestro
a dettare s’accinge a queste mani
storia d’amanti, palpitante e bella,
che per prova d’Amor corrono affranti.
Ai tuoi meravigliosi e quelli d’altri,
occhi sapienti e intenti spero
voglio mostrar fra queste righe il mare
l’albe e i tramonti e Venere regina.
Poco di quel ch’io sento a Te vicino
basterebbe che l’altri udissero
per dirmi che vana l’opra non è stata:
serbar fra carte musiche e profumi.
Argomento
Una creatura del mare s’innamora d’un giovane pescatore che di sera con la sua piccola barca lascia la riva in cerca di guizzanti pesci.
Se ne accorgono gli anziani del mare e decidono di distogliere la figlia.
CORSA D’AMORE
Come guardava la piccola ondina
il legno leggero del pescatore
che speranzoso partiva da riva
guidato dall’agili e forti braccia!
Come i sospiri del cuore suo,
dolcemente sulle onde posato,
toccavano tante esili creature
che le facevan cerchio paghe di guizzi!
E sua immagine cercava laggiù
dove immobile l’acqua ristava
a domandar se il suo desiderio
molto poteva con le sue membra belle.
Lasciava i delfini correre snelli
ed altri compagni fra l’alghe e i flutti
posata sui banchi di corallo
gli occhi vaganti fra mare e cielo.
Quando posava nelle notti buie
sola restava coi sogni del cuore,
sonnecchiavan lontani dai suoi moti
i piccoli pesci a quell’ora stanchi.
Solo le stelle mobili del mare
facevansi vicine a sussurrare
le più dolci parole speranzose
e vegliavano facendola dormire.
I vecchi suoi avevano intuito
cosa albergava il vergine petto,
s’accinsero a distoglierla concordi
onde troncar la cagion di un male.
Ben si poteva chiedere alla figlia
cosa era stato a renderla così,
e spingerla a tornar con dolce forza
libera ai flutti, ridente e bella.
“Figlia, a noi perché tanto penare?
Sai che il dolce tuo riso consueto
più che gioia è ragione di vita.
Perché a noi celi i tuoi denti di perla?”
Argomento
La “creatura” piange e dice agli anziani quanto è forte il suo amore per il giovane, come questi è bello e come desidera stare con lui.
Gli “anziani” comprendono, vogliono la felicità della figlia, decidono di metterla alla prova.
Poco dopo, durante la pesca, il giovane pescatore vede scivolare, confondendosi con le onde spumose, un corpo femminile e ha un tuffo al cuore.
Amor scendea nel cuor del pescatore
chiamato dalla pena delle stelle
in cielo tremolanti per gli umani
d’infiniti vani desiri avvinti.
E vi portava il fuoco della vita
ed altri desir grandi e possenti,
ma solo questi belli e divini:
dolce sete e mai cheta d’amore.
Argomento
Augurio del mare.
La “creatura” girando felice intorno alla barca mette in fuga i pesci spingendoli verso la rete del pescatore che ritorna poco dopo soddisfatto nel suo capanno –
La prova (decisione degli anziani):
La “creatura” dovrà farsi vedere la mattina seguente sulla spiaggia al ritorno del pescatore.
Il pescatore ammirerà la sua libera pura bellezza e le sue grazie e se ne innamorerà.
Sarà, la creatura, veramente “donna” per un giorno e una notte con l’aiuto della collana del sangue (corallo) e del velo spirituale (velo bianco, etereo).
Durante il giorno e la notte dovrà correre lungo la spiaggia inseguita dal pescatore e non dovrà toccare l’acqua nemmeno con i piedi; in caso contrario la forza della collana e del velo si annullerebbero e sarebbe la fine d’ogni sua speranza.
Sarà attratta dall’acqua perché in quella potrebbe correre più facilmente.
Aurora sul mare – Fresco del mattino
Il pescatore ritorna e vede la fanciulla, bellissima!
Abbandona i pesci e la barca, non ha fame, non è stanco: è innamorato, sente il sangue fluire impetuoso nelle vene, ammira le forme della fanciulla, la sua grazia, sente la sua purezza, desidera avvicinarsi a lei e pur rimane fermo, soggiogato, a contemplarla.
I due si guardano.
Il velo copre leggermente il seno bellissimo della fanciulla e il corpo giù sino alle ginocchia, i capelli neri, lucenti, scivolano lungo le sue spalle liberi, trasparenti.
Scena:
Mare – Sabbia sotto i piedi della fanciulla – Coralli al collo danno risalto al colore della pelle – Capelli mossi da leggera brezza si aprono fino sopra il seno, incorniciando il busto, danno rotondità e grazia – Il velo, che nulla copre, da alla fanciulla un senso di cosa celata e vieppiù desiderabile.
Quando il giovane trova la forza di farlesi vicino, la fanciulla dolcemente sorridendo e armoniosamente muovendosi, si volta e comincia a correre.
Questo atto da il via alla corsa d’Amore
Alla luna
Correva così fra i raggi della luna
raggio fra gli altri e palpitante,
lievi marmoree forme agili e vive
che davan sangue a frigida Selene.
Andava nel chiarore immacolato
contro le stelle e screzi delle onde
come portata da brezze benevole
dall’odore sorretta misto del mare.
Oh! luna silente non palpiti d’amore?
Come non senti il fremito dei cuori
scaldati da dolce e violenta passione?
Come fredda ristai fra tanto ardore?
Ma grande è il miracolo dei raggi
che danno calore freddi e scialbi
e per quegli occhi languidi chiarori
giungono al cuore divenuti fiamma.
O luna qual’è il dolce tuo mistero
che amore non hai lassù nel cielo
e ne dai tanto ai poveri amanti
languidi oranti, languida regina?
O portentosa luna che fuoco al sasso
nel petto della sfinge egizia dai,
che illumini le bocche degli amanti
quando si cercano nel buio del disio.
Dà forza ai giovani di correre
fin alba novella lungo il lido,
lega di vivo e di perenne amore
quei forti cuori e pur deboli tanto.
Argomento
La fanciulla è costretta a correre sulla sabbia asciutta e quindi più faticosamente, il giovane può correre agevolmente sulla sabbia bagnata dal flusso e riflusso delle onde.
Gli anziani hanno aperto una grossa conchiglia della stanchezza e ne hanno versato il contenuto lungo il litorale. Ciò per dare stanchezza al giovane e bilanciare le sue forze con quelle della fanciulla.
Scena:
Il sole si leva man mano – La corsa continua – Il sole è alto nel cielo – Il sole comincia a discendere – Tramonto – Paesaggio crepuscolo – Luna – Stelle – Notturno.
Segni di stanchezza dei due giovani – Riflessioni.
Argentate chiome mosse dall’onde
su lucide scogliere verdi d’alghe,
toglievano pel moto e per la luce
timor dai cuori di fantasmi scuri.
Scena:
Nuova alba – Superamento della prova – Fanciulla restìa (pienamente donna) – Idillio finale.
Sempre d’amor legati in bacio
fusione dolce di bellezza e forza
com’aghi di pino vivere c’è dato
al ramo avvinti o liberi di vento.