1955
AMORE - LA TUA MANO - SOGNO MERAVIGLIOSO - CUORE VAGANTE - ECO
VINCITORE? - TRAMONTO DI DESIDERIO - ANGOLO SOLITARIO - MANO DI DONNA
GROTTESCO SERALE - INCANTO - ATTESA - RINASCERE - POLVERE - AFA DI CAMPAGNA
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Oh! Dio onnipossente: Amore!
Sento il desio di render grazie a te
per tutte l’opre tue.
Sento esultare il mio cuore
da infinite visioni estasiato,
confortato da immagini di vita.
So degli organismi innumeri
ch’a te fan sacrificio
nell’infinito tempo.
So che abbatti la morte
e stringi gli altri mali
con forza irresistibile.
So che tutto c’è
per te, suprema forza,
che crei l’orrendo caos
e tutto ricomponi.
Come l’ala d’un bianco gabbiano
lambisce la spuma del mare mugghiante,
la tua mano carezza la fronte,
e mi placa lo spirto, più forte del mare ...
Amo un sogno meraviglioso che
brilla lontano con la forza degli
occhi purissimi che mi sono accanto,
e mi tormento e struggo per gli
affanni e innumerevoli difficoltà
che mi avvolgono.
Devo liberarmi di questi
impedimenti: anelo di giungere
laggiù dov’è il significato della
mia stessa vita!
Menzogna che ‘l cuore risana
dimmi che tutto è dolce quaggiù,
parla di stelle splendenti nel cielo
e d’amorosi raggi lunari.
Vedo il mio cuore ondeggiare
sull’onde spumose del mare,
leso da scogli d’amore
da speranzose correnti portato,
vagare, sperduto, nel sogno;
andando da un’isola all’isola
questa, cui ha chiesto l’amore,
colpisce il mio cuor duramente
con nerbi di piante in rigoglio;
all’altra c’ha chiesto il piacere
benché brulla assai e incolta,
s’apprende d’intesa a mercede.
Quasi il mio cuore sommerge
per l’alti potenti marosi;
anima! aiuto ti chiedo,
se puoi, sorreggilo tu.
L’anima parte, si libra nell’aria
discende leggera sul cuore,
lo prende e lo porta da me.
Ma grande, tremenda sventura,
dal vento, preda bramata,
è portato lontano il mio aiuto.
Che vale placare il tuo cuore
se l’anima fugge lontano!
Non dare quel bacio.
Sono vergini labbra.
Che vuoi godere
su pieghe morbide rosate
che sentiresti immote
sotto la tua sferza.
Che potresti sentire
se non l’eco dei suoi sorrisi,
traccia del sapor di cose
da lei pienamente godute
affondandovi denti liliali
con libera gioia
per carezzevole umore.
Che potrebbero darti
se non l’eco di canti
che affievolisce
fino al silenzio del ricordo,
poi … il ricordo del silenzio:
l’amarezza di fugar dai baci
di tue pupille, se pure appassionati,
perenne gioia.
Dove trovar pace
se non sui guanciali
caldi di me stesso,
dopo il tormento
delle mie stesse membra
e delle mani,
del richiamo d’ogni mio sospiro …
Sei scesa lieve al mare,
hai bagnato i piccoli piedi,
la brezza ha riportato
i tuoi lunghi capelli.
Ero lì, non vicino
ma ti vedevo:
consumati i fianchi
sui neri scogli,
nella spuma immerse le membra,
sei venuta piano
senza vedermi
ancor più lieve
libera d’un peso
che solo potevano
le forti ali del mio desiderio.
Hai riposato
sotto un forte sole
che ti lasciava fresca:
la tua fronte lo era.
Non ti ho destata.
E passavi piano piano
entro di me
come raggio di luna
sereno limpido fresco
e ti sentivo mia …
dolcemente mia …
soavemente mia …
infinitamente mia …
d’ogni cosa desiderosa
ch’io solo dovevo porgere.
E le rosse ali del mio desiderio
son cadute sui bianchissimi seni,
non cercate dal tuo pudore
ma dalla bellezza sospinte.
E le mie membra
e gli occhi miei
senza soffrire,
come immersi
nel più vasto tramonto di sole.
Angolo solitario,
dove, le luci
della città mia
ti hanno sospinto?
Desiderio di mie labbra
calde
fatti presso
mentre incerto vado.
Desiderio di miei occhi
paghi di stelle
dammi solo la luce
per veder dischiuso un fiore.
Angolo solitario
immenso,
dove sei?
… dove siamo ora?
Dove si credeva
di dover fuggire
forse torniamo:
la luce che ti struggeva
forse t’ingigantisce,
le stelle che non avevi
forse son tue.
Leggiadra mano rosata
ch’avvolge rosa rossa,
lievi dita su petali
freschi, rugiadosi lievi,
bellezza avvinta dolcemente
da rete azzurra evanescente:
Anima di donna che leva
fragrante il calice d’Amore.
(La fioraia degli innamorati)
Quando cominci a lontanare lo sguardo,
salve poche apparenze, da quella carne
che brulica di male profondo,
da quelle membra scomposte,
dai corpi oppressi dal piacere
ingrato e timoroso,
dai volti coperti d’una maschera tragica
d’orribile belletto,
dagli occhi privi di moto
che annunci una parvenza d’anima,
e quando emergi dall’ultimo
debole riso d’una femmina
e finalmente t’apprendi
al dolce viale della villa,
ai lumi malcelati dal verde fogliame,
al rumore della ghiaia
richiamato dai tuoi lenti passi
e quelli leggeri della tua Compagna,
quando incateni lo sguardo
al Suo, saldamente,
con sussurri e carezze …
Ti accorgi d’un essere,
di forme grossolane,
dalle vesti larghe come il sorriso,
dall’incedere privo di grazia,
che t’arresta
con due mazzolini di violette
e il braccio teso verso di Lei,
e ti chiede il prezzo delle sue corse
da una coppia all’altra
senza tregua,
della fatica sulle scarpe grosse e rumorose.
E non rinunci alle violette
che vi sorridono
dalle sue mani immonde,
e trovi il loro giusto posto
con moto improvviso
nelle piccole mani della tua Compagna,
e gota contro gota
stringendo le avvicini
e senti riaffermarsi
il divino senso della purezza.
Ed ancora mentre t’allontani
senti il rumore
di quelle scarpe grosse e frettolose
e comprendi la tristezza e il timore
degli occhi che ti sono accanto.
Adagia il capo sul mio petto
e dimmi col profumo dei capelli
che la vita è meravigliosa.
Dimmi con gli occhi
ed il sorriso
parole desiderate.
Dì ancora, con la piccola mano
sul mio volto,
quelle parole,
ripetile, sempre …
… per questo bacio
lo saprà l’infinito!
Racchiudi in boccio
color di vita
e profumate essenze.
Attendo ansioso
che turgido s’apra
nell’infinite primavere.
Donna tu sei.
Infinita bellezza,
stupenda grazia!
Oh meraviglia!
E … io, uomo.
Gioia ineffabile!
Conoscersi … rinascere!
(Variazioni sul caldo)
Vai per la strada asciutta,
la polvere sorretta dal caldo
serra con forza le labbra.
Fango è il sudore
che scende sul mento,
suono non vi è di nulla,
respiri a fatica …
Pensi nulla …
… schivi quel sasso,
guardi solo la strada,
il piede va da sé.
La terra è arsa
caldo è il frutto che vuoi,
lascialo! Arso è il tuo labbro.
Cede e suda il tuo piede
portalo al fresco nella casetta
dove l’aria e l’acqua attendono.
Le tue vesti gravano assai
vogliono unirsi alla carne,
lasciale! Fatti leggero,
và dove le cose son fresche.
Quando ascolto nel bosco frondoso
il silenzio, tutto è pace d’intorno
solo il cuore, di già pensieroso
di quel canto attende il ritorno.
Un grillo interrompe la quiete:
ora tutto si sveglia quaggiù,
di fronde un frusciar si ripete,
una rana vezzeggia ancor più.
La luna occhieggia fra i rami,
s’addentra, già non si vede,
fa con essi sottili ricami
mentre prima la luce mi diede.
Mi sovviene un ricordo lontano,
tremolando mi guarda una stella,
mi rimembra due occhi, ma invano,
luci belle di cara fanciulla.
Odo un suono di vento
una voce mi giunge,
il mio cuore è contento
ma la voce va lunge.
Era bello sentirla,
era canto e carezza.
Oh tempo ingrato
perché volgi al futuro
non ti piace il passato
che fù più duraturo.
A me non puoi torla,
sento tutta l’ebbrezza.
Oh tempo potente
che distruggi ogni cosa
l’azioni tue lente
fai sentir senza posa.
Era bello sentirla,
era canto e carezza.
Pietà! Signor Tempo
lascia che il vento
mi porti in un lampo
la voce ed il canto.
Era bello sentirla,
era canto e carezza.
Fruscii d’insetti,
uccelli canori
tenete distratti
tacete gli amori.
Era canto e carezza,
sento tutta l’ebbrezza.