2008
GOCCE DI LUCE - GIOCO DI PAROLE - LA BEFANA DEL BARMAN - CREMA AFFUMICATA
A RITROSO - LA VERITA' - FIORI D'ARGENTO - VECCHIO VIAGGIATORE
PICCOLI GIRASOLI - PAPAVERI - VENTO DI PRIMAVERA - LA PRIMA UVA
FORSE E' UNA PREGHIERA - QUEL 23 GIUGNO - L'UNCINO DEI ROM
IL BUROCRATE - LA VENERE DEL BOTTICELLI - LA VALIGIA NERA
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I SILENZI - SPLENDE LA NOTTE - LA MIA ELUANA - DESIDERI - OSSIMORO
PREGHIERA ILLOGICA - LA SPERANZA - NINNA NANNA DEL NONNO
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Gocce di luce
nel mio quartiere
fra strade in festa.
Vèlano e rìgano
l’ attonito sguardo
nostalgico e deluso.
Dal petto vola
inconsueto respiro,
come da pianto rotto:
cerco vana speranza
in occhi lontani
di passanti ignari.
Non puoi giocare
con me con le parole.
Con frasi senz’aculei
dici che son vecchio :
adolescente procedo
però nel sogno
e tracotante
a rimirarti tutta.
Ridendo abbiam parlato
delle solite cose,
il tempo, la politica,
degli altri la vita.
Oggi certo pochi clienti,
fissi agli occhi dei bimbi
compresi dei doni
della vecchia amazzone del cielo.
In un batter di ciglia,
lo sguardo velato,
sopra il riso spento,
oltre il bancone,
verso la strada,
oltre impervi monti
ed irte cime del ricordo,
timido m’ha detto:
Non ho creduto mai,
alla Befana.
Mai? Ho fatto eco.
No,non…potevano…
non volevano che…
alla gola un groppo.
Ed io: Alle favole belle
credono i bimbi
per breve tempo.
Ad altre fole
volgon gli adulti.
Convien sognare:
nei sogni
le favole son vere.
Tanto tempo fa,
nel sogno mio,
vedo giorni felici.
Con mio fratello,
occhi sgranati,
ci stringevamo attorno
ad un sacchetto gonfio
della vecchia Befana.
Con ansia nelle mani
frugavamo sul fischietto,
l’arancia, i mandarini,
pane e ricotta.
Mamma preparava
un “caffè” lungo
fatto con l’orzo.
Gridavamo felici
fischiando per la casa.
Un anno… i miei otto,
la “vecchia” fu aiutata.
Dopo il turno di lavoro
rincasò mio Padre
con misterioso pacco.
Svolgendolo ci disse
d’aver avuto in dono
morbida crema d’uovo.
Golosità unica!
Mi feci avanti
e mio Padre continuò
dicendo che in cucina
s’era fatto sì gran fumo
che n’esaltava il gusto.
Mio fratello con lo sguardo
poco sopra il tavolo
s’avvicinò col dito
e l’assaggiò d’un tratto.
Ah,no…com’è cattiva,
bruciata non la mangio.
Io presi la scodella :
Mamma, la mangio io.
Per farmi bello e bravo ,
ma la volevo proprio
per fame e per il gusto.
Quasi finita, dissi:
Ne vuoi un po’ Mamma?
Tanto tempo dopo
seppi da lei
che alla mensa dei capi
l’avevan rifiutata,
il cuoco pensò a mio Padre;
l’error suo, per me,
si fece dono.
A ritroso, in sogno
cader vorrei
fra le ginocchia bianche
nel tuo forte abbraccio
splendido caldo
morbido sèrico;
smarrito e folle
giacer placato.
A verità assoluta
volgi senz’armi.
Altri fuor d’essa
deboli fragili inetti
con pesanti armature
in rassegnato stato.
Come steli di luce
prendo raggi di luna
e con fiori d’argento
i tuoi passi cerco.
Al termine del viaggio
l’incedere rallenta
verso l’orizzonte scuro.
Con membra grevi
ai canti sorde
ti siedi a rimirar
il cuor che sopravanza
verso mimose in fiore
e giovanili forme.
a Bruna
I piccoli girasoli
che t’ho donato
hanno bevuto stanotte;
ora, in festa ridenti ,
cercano il tuo volto.
Sul nostro andare
onusto d’anni
non v’è altro sole,
ed io emulo di quelli
solo a te volgo.
Mi guardano i papaveri
pur alle danze intenti
col vento di primavera
al bordo della via.
Dalle fessure basse dei muri
sporgono, arditi e flessuosi,
intessendo dolci movenze
con lanugine di foglie
e pollini in orgasmo.
Uno mi tocca insolente,
lo prendo, lo strappo
e lui tutto rosso
mi guarda pentito:
confuso, lo lascio cadere.
Vento di primavera
ti sento svellere le corde
e soffiar nei fiati
d’una orchestra immensa.
Filtrare ovunque
lento e possente
fra sassi e acque,
su foglie e fronde,
su petali e corolle.
Ti sento sfiorar
sicuro e tracotante
le pieghe morbide
d’ogni donna in fiore.
Nonna, la prima uva dov’è ?
Me l’ha mostrata Osvaldo
ridendo e fuggendo trafelato,
ma non m’ha detto dove…
Vedrai, te lo dirà:
tuo cugino ha tanto cercato,
ma vuol farti ingolosire .
Ascolta, vai giù per la vigna
di là, al fondo della scesa,
gira a mano dritta,
conta uno, due, tre,
alla quarta vite fermati,
c’è l’uva più bella
e tanto profumata.
Ora è matura,
di tutte la prima,
a te lo posso dire.
Ma se mi vedono ?
Osvaldo e gli altri…
Non ti curar di loro
sono intenti a giochi laggiù,
altre viti ci sono,
poi lo dirò a te e a loro…
Rosso in viso correvo per la scesa,
prendevo il grappolo più bello,
con la dolce piccola nonna
nelle mie pupille fissa.
DIO
senza volto ma…
con il volto del tutto;
senza forma ma…
con forme dell’esistente;
invisibile ma …
visibile ovunque;
DIO
delle cieche speranze ma…
d’ogni religione;
inconcepibile ma…
nella vita e nella morte;
DIO
assurdo ma…
nell’affanno e nel dolore;
di ciò che non era
ed è,ora, d’intorno.
DIO
facci capire
il nostro non capire,
il nostro agire,
il nostro rifiutare,
il nostro desistere.
DIO
sto tremando confuso:
questo mio è fatuo grido
bestemmia o preghiera ?
A Bruna
(quando potrà leggere)
Dietro di me
t’ho visto cadere
senza un grido
sull’asfalto grigio.
Quel suono assurdo
del tuo corpo
dopo lo stridìo del freno.
Piegata piccola inerme,
volevi dire qualcosa,
a tutti…
Un rivolo rosso
dal tuo capo,
un piedino nudo,
una scarpina più in là…
Mi chiedevo confuso
tutti i perché.
Non tenevo la tua mano…
Ero davanti
e non dietro di te…
I passanti , i presenti,
rumori suoni sirena,
l’angoscia , le domande…
Ti hanno portato via…
da me!
Guardavo tutti senza vedere…
In me lo strazio
il vuoto , l’assenza.
…
Ti rivedo sull’asfalto e,
ora, nel tuo difficile letto,
vicino ad esperti
che non sanno i perché…
come me !
Torna da me,
nella mia solitudine,
privo di tutto
senza di te.
Sicuro, assorto,
con vecchi sandali,
tirando il carrellino
verso i cassonetti,
brandendo l’uncino.
Sosta un poco,
solleva coperchi,
uno dietro l’altro
frugando compunto.
L’ultimo che passa
incede ancor sicuro,
scruta e tira
sfridi di rifiuti,
prende qualcosa…
C’è sempre qualcosa
che piace
nei rifiuti altrui.
Trattengo lo sfrido d’un sorriso
fra le mie labbra
mentre porgo le carte
ad una ad una
al burocrate di turno
che guarda altrove
e sopra di me
senza vedermi.
Il suo potere mostra
quando mi dice:
Torni con la carta blu,
disposizioni nuove!
L’ha già qui ? Mah…
E’ cambiata da poco
Rifaccio tutto…
Inchiodo le mie labbra.
Vorrei sognarla
scendere verso di me,
impacciato fra le onde,
guardarmi senza esitare
serena e sicura,
pur conscia di me,
con lieve sorriso
indicarmi un cammino.
Io, d’aura vestito,
discorrendo d’Amore,
lo sguardo intriso
da forme sublimi
vederla volgersi
solo per me.
Così vorrei seguitar
carezzando con gli occhi
la serìcea pelle
delle sue membra.
Posarmi vorrei poi
sugli occhi velati
soavi e tristi
pei limiti umani
nel posseder Bellezza.
Infine, piacer vorrei
da sospirate parole
inaudite essenziali,
sentirmi penetrar d’estasi,
ricusando il restante.
Ognuno, dilaniato o confuso,
attende alba novella.
S’appressa il nuovo giorno
con nera valigia
di sorprese gonfia.
Ho atteso paziente
tutti i miei giorni:
li portava un sogno
robusto e fedele.
Incerto e confuso
li ponevo con cura
dietro di me.
Li vedevo arrivare
su rossi tappeti
di foglie d’autunno.
Seguivano altri
sotto la coltre bianca
del nevoso inverno.
L’inseguivo con ansia
su colmi cesti di petali
nella soave primavera.
Avido li carpivo
fra i frutti dorati
della calda estate.
Ora stanco quel sogno
sospinge a fatica
lunghissimi giorni.
Non so se riporli
o lasciarli vagare
o farli cadere
giù per la china.
Ora so che
non vi fu luce
per mete più lontane.
Ora so che
avrei voluto crescere
senza domande e
morire senza risposte,
come l’erba.
Ora vedo la mia vita
come un desiderio
a lungo taciuto.
Ora
su fredda pietra seduto
ebbro d’ignoranza
in preda allo stupore
spezzo la mia penna.
(ad Aurora)
Quello scrigno di carne
morbido e forte
che porti spavalda
sulle agili gambe
contiene il futuro.
Nel grembo tuo
di speranze pregno
mostri i tuoi giorni
intrisi di luce.
E in quella luce
mi par di vedere,
con occhi socchiusi,
i miei giorni restanti.
Ho atteso l’alba
e con speranza il giorno.
E’ tutto il giorno
che il giorno mi fa male.
Ora la notte avanza
sul filo dei ricordi.
Il silenzio…
prima di nuova vita,
del padre confuso
al di qua della stanza
ove geme la madre…
prima della lotta,
di mente e braccia,
per carpire qualcosa
alla vita.
Il silenzio…
di lumaca su sterpi
bagnati di pioggia…
di labbra su labbra
ruvide morbide
calde seriche…
di occhi profondi
penetrati da sguardi.
Il silenzio…
durante la veglia
disperati e soli
alle prime luci del giorno.
Il silenzio…
dopo il fragore della battaglia…
dopo il canto dell’orgasmo…
dopo gli urli del parto…
dopo il sibilo in ospedale
e il singhiozzo elettronico
del diagramma piatto…
dopo lo strepito della mente,
nella quiete della morte…
dopo i vagiti,
nel sonno di un bimbo…
dopo lo scrosciar di pioggia
su foglie e su tetti.
Il silenzio…
dell’ottava nota,
dopo suoni sublimi
lievi come sospiri.
Il silenzio…
malvagio e mistico
impacciato e feroce
arrogante e folle.
Il silenzio…
respiro del cuore
suono dell’anima
rumore della morte.
Il silenzio…
prima del tutto…
dopo il tutto.
(Il 17Giugno 2008 è nato Mattia) ad Aurora
Quel “tuo” Giorno
stringendoti fra le braccia
ti ha portato
incerto…e sicuro
a “sua” sorella Notte.
E la Notte
pur essa incerta
ha chiesto
ai tuoi sensi provati
un’altra attesa.
Mattia, tenacemente in te,
pigramente chiedeva il tuo calore.
Poi, gli esperti
hanno aperto lo scrigno,
senza farti soffrire,
hanno preso i tuoi sogni
lievi e dorati
e li hanno posti al tuo fianco.
Noi, nel timore felici,
fuori, in attesa
in cerca di fremiti e suoni,
pianti e vagiti.
Poi, solo, con tua madre
ed altri…
ho udito il suono della vita
carpito all’aria
col piccolo telefono
strumento di nuovi dei.
E’ giunta la tua voce
stanca e felice
e con la voce,
nel cuore della notte,
m’è parso vedere
le labbra socchiuse
e i tuoi occhi
che dicevano ai miei:
io, per la pallida luna,
non sono sola!
Ho la “mia” idea
di Eluana.
Penso ad Eluana
per ciò che mostrano
giornali e tv
agli occhi miei ,
delusi e tristi.
Di più, molto di più
di Eluana è …
nella mia mente.
Raggiante la vedo
nell’infanzia e poi
adolescente splendida.
Nessuno mai
potrà portarmi via
l’idea dei suoi sorrisi
oltre quelli del mondo…
dell’informazione.
Ho la “mia” idea
di Eluana.
Non accetto baratti !
Misera,
struggente foglia morta
racchiusa nel mio libro di memorie
riposta nella mia “idea” di te,
vicino a beltà ,
soavità, vaghezza , eternità.
Ti amo, idea perenne.
Cadono la pioggia e la sera:
dentro di me
struggenti abbandoni.
Desideri,
finora compagni di vita,
lentamente mi lasciano
senza dir nulla.
Li guardo sereno,
con nostalgia l’inseguo.
Un tempo amici del cuore
per sempre con me
a lenir frustrazioni.
Li lascio andare,
senza grida o rimbrotti,
senza dir nulla…
I più fedeli
ancora con me,
pur petulanti,
mi danno conforto
e tacere mi fanno
ciò che tacqui
per l’intera vita,
pascolando lontano
i miei sogni.
Nel fondo senza fondo
del pensiero mio :
fede e ragione.
Ossimoro.
Chi grida al miracolo
in un sordo attimo
della muta notte ?
Allopatia…
inutile terapia.
La fede, un accidente
che non vuol “ragione”!
Il miracolo, evento oscuro
con fede e con ragione.
Il tempo però dirozza la ragione,
unico strumento umano concepibile,
del domani tedoforo di luce.
Senza logica preghiamo
per mutar natura delle cose
e sollecitar favori.
In preghiera poi grazie rendiamo
quando natura appaga.
E poi ancor chiediamo “fede”
negata ai più senza “ragione”.
Potremmo aver fede…
disposti alla preghiera:
per aver fede, preci !
Assurdo disumano…
forse divino.
Speranza, desiderio forte,
seducente astrazione!
Desiderio di pace
e di cambiamento,
con effetto placebo
lenisce il dolore.
Senza ragione incanta,
avvince chi soffre
e chi, vivendo incerto,
teme la morte.
Sublime speranza
illogica e …ragionevole,
incongrua e…conveniente,
desiderio di doni e doti
da donatori munifici
ed ignoti.
Ninna nanna
raggio di sole
tu cancelli
le mie fole.
Ninna nanna
raggio di luna
tu riposi
nella cuna.
Ninna nanna
fresca rugiada
che ti posi
sulla spada.
Ninna nanna
canto di vita
che percorri
vie d’uscita.
Ninna nanna
alla mia ora,
“c’è più tempo”
dice Aurora.